Il successo della cedolare secca va estesa ai negozi

Il successo della cedolare secca va estesa ai negozi

Il successo della cedolare secca va estesa ai negozi

Il successo della cedolare secca va estesa ai negozi

A partire dall’introduzione della cedolare secca sugli affitti abitativi, il tax gap del comparto – vale a dire il divario fra gettito teorico e gettito effettivo – è diminuito del 42% e la propensione all’inadempimento si è ridotta del 40%. Il successo della cedolare secca va estesa ai negozi.

Il dato emerge dal “Rapporto sui risultati conseguiti in materia di misure di contrasto all’evasione fiscale e contributiva”, allegato alla nota di aggiornamento del Documento di economia e finanza (Def). In particolare, tra il 2010 ed il 2015 il tax gap è passato da 2,3 a 1,3 miliardi di euro, mentre la propensione al gap è scesa dal 25,3% al 15,3%.

Ora – insomma – ci sono le prove. La cedolare secca sugli affitti – per anni proposta da Confedilizia e finalmente varata nel 2011, sia pure limitatamente alle locazioni di immobili abitativi da parte di persone fisiche – ha pienamente centrato uno degli obiettivi che si prefiggeva, quello di ridurre l’evasione fiscale. In pochi anni – ci dice il Mef – si è quasi dimezzata sia l’entità delle somme sottratte al fisco sia la propensione all’inadempimento, recuperandosi circa un miliardo di euro. Inoltre, i numeri certificano che, negli ultimi anni, questo è l’unico comparto nel quale la tax compliance – vale a dire l’adempimento spontaneo agli obblighi tributari da parte dei contribuenti – è cresciuta. Ed è, in dati assoluti, nettamente più elevata rispetto agli altri tributi considerati: quasi tripla rispetto all’Irpef sui redditi di impresa e di lavoro autonomo, ma superiore anche aIres e Iva.

La cedolare trova il suo fondamento anche in ragioni di equità, date anzitutto dall’esigenza di compensare almeno in parte il forte carico di tassazione patrimoniale che gli immobili locati subiscono a livello comunale, attualmente attraverso l’Imu e la Tasi. Ma questi dati dovrebbero convincere della bontà della misura – e, di conseguenza, della necessità dell’estensione del suo campo di applicazione – anche i meno sensibili all’idea di una flat tax.

Di qui a fine anno sarà messa a punto – fra Governo e Parlamento – la manovra economica per il 2018. È dunque il momento più propizio per ragionare di un intervento che Confedilizia ha proposto al Parlamento e al Governo già da qualche tempo: l’introduzione di una tassazione sostitutiva anche per gli affitti non abitativi, a partire da quelli dei locali commerciali. Un comparto nel quale la redditività – a causa del cumulo fra imposizione reddituale Irpef e carico patrimoniale con Imu e Tasi – è ormai inesistente e che vede gran parte dei proprietari determinati a liberarsi dei loro immobili, dando luogo a quell’epidemia di negozi vuoti che sta facendo morire le nostre città. Quanto alla copertura della flat tax sui negozi, è proprio il Mef a dirci che dalle locazioni abitative si è ottenuto un ampio recupero di gettito. Peraltro, locali non utilizzati, oltre a non contribuire al Pil, non portano nelle casse erariali quei flussi di denaro che ogni attività commerciale o artigianale genera in termini di imposte sui redditi, Iva e altri tributi.

Il Parlamento ha compreso tutto ciò e – in sede di esame della nota di aggiornamento al Def – si è espresso in modo bipartisan, oltre che per la proroga della cedolare del 10% sugli affitti abitativi a canone calmierato, anche in favore dell’introduzione di una cedolare per le locazioni non residenziali. Adesso ci aspettiamo che approvi questa importante riforma.

 

 

Sorgente: Il Sole 24 ORE

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