Un futuro possibile per l’Italia grazie alle start up e all’innovazione

Un futuro possibile per l’Italia grazie alle start up e all’innovazione

Un futuro possibile per l’Italia grazie alle start up e all’innovazione

È dimostrato il significativo ruolo svolto sull’occupazione e sulla crescita economica, ma serve stimolare la presenza di fondi e investitori locali.

Un futuro possibile per l'Italia grazie alle start up e all'innovazione

Finalmente un articolo che fa ben sperare lo riporto in parte qui e poi vi indico dove leggerlo al completo.

L’Italia è in uno stato di preoccupante ritardo negli investimenti sull’innovazione. Gli stimoli di sistema per il settore delle start up, principale veicolo di innovazione, sono del tutto insufficienti a portarci ai livelli degli altri Paesi europei. A livello europeo – da una ricerca appena pubblicata da Mind the Bridge su 20 Paesi – siamo penultimi per numero di scale up per abitante (ossia di start up cresciute fino a ottenere investimenti di oltre un milione di euro) e ultimi per numero di capitale raccolto in funzione del Pil.

Nel corso del convegno Startup, dal nanismo agli unicorni: un futuro possibile per l’Italia è emerso un contesto allarmante, che richiede un rapido intervento. Il dibattito introdotto dal presidente dell’associazione La Scossa Michelangelo Suigo e moderato dalla vicepresidente Ilaria Fava ha visto la partecipazione di alcuni tra i pricipali attori del settore, dai fondi di venture capital (LVenture, Principia), agli incubatori (Pni Cube, Digital Magics), agli angels e associazioni (Iag Italian Angels for Growth, Roma startup), fino ad alcune realtà di successo nell’innovazione (da Talent Garden a GammaDonna).

Il convegno è stata l’occasione per fare il punto della situazione sugli strumenti economici e normativi da mettere in campo per garantire la crescita e la resistenza nel tempo delle startup innovative che in molti casi, nel nostro Paese, continuano ad avere un problema di “nanismo”.

Partiti in ritardo temporalmente, l’Italia ha bisogno di politiche ambiziose e sistemiche che cerchino di colmare il divario, stimolando la rapida crescita delle start up e il loro ingresso nella fase di scaling: e non di micro-interventi a pioggia. Per fare ciò è centrale incrementare gli investimenti in equity, che fanno crescere e scalare le start up e ripartire la catena del valore permettendo di apprezzare la crescita, mentre il ricorso al debito è tattico, inidoneo a rispondere alle esigenze delle startup. Del resto – come sottolineato nel corso del dibattito da Marco Gay, ceo di Digital Magics – in Italia abbiamo 4.000 miliardi di euro di risparmio, quasi il doppio del debito pubblico, che si potrebbero utilizzare strategicamente in modo che diventino generatore di sviluppo per il tessuto più fertile del panorama italiano, quello ad alta innovazione.

Occorre creare in Italia un ecosistema di investimenti all’altezza del contesto europeo e mondiale e delineare una strategia a dieci anni per l’innovazione, focalizzata sulla crescita delle imprese ad alto contenuto tecnologico ed elevato tasso di crescita, nelle sue varie fasi. Come affermato da Luigi Capello, fondatore e ceo di LVenture Group «senza un’inversione di marcia il rischio concreto è creare bellissime start up da esportazione, a valori peraltro scontati».

Lo sviluppo del venture capital è uno dei pochi strumenti per dare impulso al Paese, insieme al corporate venture. Incentivarne presenza e capacità di investimento, come quella di tutti gli investitori istituzionali di investimento in start up o scale up è prioritario per assicurare la crescita di queste, e di nuovi cicli economici.

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Sorgente: Innovazione. Start up, un futuro possibile per l’Italia

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