Tassazione Criptovalute Bitcoin

Tassazione Criptovalute Bitcoin

Tassazione Criptovalute Bitcoin

L’Agenzia delle entrate fornisce chiarimenti importanti sul tema dei redditi prodotti da bitcoin e altre monete virtuali e quindi sulla relativa tassazione criptovalute bitcoin.

Tassazione Criptovalute Bitcoin

Premessa: lo scambio di “moneta virtuale” (c.d. bitcoin) rappresenta un’operazione fiscale esente Iva, soggetta a tassazione ordinaria per Ires – Irap. La Direzione Centrale Normativa dell’Agenzia delle Entrate, con la Risoluzione n° 72/E del 2 settembre 2016, ha così risposto ad un interpello di un contribuente, in materia di tassazione criptovalute bitcoin diretta ed indiretta, relativo alle “operazioni di acquisto/vendita di bitcoin”.

Il Ministero delle Finanze, in via preliminare, si è preoccupato di delineare l’ambito di cui si sta occupando definendo il Bitcoin “una tipologia di moneta “virtuale”, o meglio “criptovaluta”, utilizzata come “moneta” alternativa a quella tradizionale avente corso legale emessa da una Autorità monetaria. La circolazione dei bitcoin, quale mezzo di pagamento si fonda sull’accettazione volontaria da parte degli operatori del mercato che, sulla base della fiducia, la ricevono come corrispettivo nello scambio di beni e servizi, riconoscendone, quindi, il valore di scambio indipendentemente da un obbligo di legge. Si tratta, pertanto, di sistema di pagamento decentralizzato, che utilizza una rete di soggetti paritari (peer to peer) non soggetto ad alcuna disciplina regolamentare specifica né ad una Autorità centrale che ne governa la stabilità nella circolazione.”

La questione, sotto il profilo fiscale che interessa, è quale tipologia di trattamento tributario debba essere applicato ai soggetti esercenti attività di intermediazione nell’acquisto e nella vendita di bitcoin: da tali operazioni, evidentemente, ne consegue la realizzazione di commissioni a titolo di remunerazione della citata negoziazione monetaria (virtuale).

  • Tassazione criptovalute bitcoin aspetti IVA: l’Agenzia ha specificato che “le operazioni che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale bitcoin […] costituiscono prestazioni di servizio a titolo oneroso”. Data l’assenza di specifica indicazione normativa, l’attività di “intermediazione di valute tradizionali con bitcoin” costituisce attività “rilevante”, sia ai fini Iva, che per le imposte dirette. Queste prestazioni in commento non rientrano nella categoria delle c.d. monete tradizionali ma tuttavia dovranno essere classificate nel cluster delle operazioni finanziarie concernenti valute, per cui l’attività sarà esente Iva.
  • Base imponibile ai fini della corretta tassazione criptovalute bitcoin. Ai fini delle tassazione criptovalute bitcoin, l’Agenzia delle Entrate ritiene che il contribuente “debba assoggettare i componenti di reddito derivanti dall’attività di intermediazione nell’acquisto e vendita di bitcoin, al netto dei relativi costi inerenti a detta attività”. Questi elementi reddituali (positivi o negativi) ai fini della tassazione criptovalute bitcoin concorrono a formare la base imponibile dell’attività di intermediazione esercitata, “soggetta ad ordinaria tassazione ai fini Ires (ed Irap)”. “Il guadagno (o la perdita) di competenza della società è rappresentato dalla differenza tra quanto anticipato dal cliente e quanto speso dalla società per l’acquisto o tra quanto incassato dalla società per la vendita e quanto riservato al cliente”.
  • Valutazione bitcoin a fine esercizio: le criptovalute che “sono nella disponibilità (a titolo di proprietà) della società” dovranno essere “valutati secondo il cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio”: detto valore assume rilievo, sotto l’aspetto tributario, a mente dell’art. 9, D.P.R. n° 917/86 (Tuir). “Potrebbe farsi riferimento alla media delle quotazioni ufficiali rinvenibili sulle piatteforme on line in cui avvengono le compravendite di bitcoin”.
  • Adempimenti fiscali tassazione criptovalute bitcoin per i sostituti d’imposta che operazione nei confronti di persone fisiche: per la società operante nel settore della compravendita di bitcoin, le attività di valuta (acquisti e vendite) “non generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa”, mentre la stessa azienda dovrà ottemperare agli obblighi antiriciclaggio (D. Lgs. n° 231/2007, art. 11, comma 2, lettera c), mediante una “adeguata verifica della clientela, di registrazione nonché della segnalazione”.

Sorgente: Bitcoin: le Entrate chiariscono il trattamento fiscale della moneta virtuale | Altalex

TESTO DEL PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE SULLA TASSAZIONE CRIPTOVALUTE BITCOIN

PARERE DELL’AGENZIA DELLE ENTRATE
Il bitcoin è una tipologia di moneta “virtuale”, o meglio “criptovaluta”, utilizzata come “moneta” alternativa a quella tradizionale avente corso legale emessa da una Autorità monetaria.
La circolazione dei bitcoin, quale mezzo di pagamento si fonda sull’accettazione volontaria da parte degli operatori del mercato che, sulla base della fiducia, la ricevono come corrispettivo nello scambio di beni e servizi, riconoscendone, quindi, il valore di scambio indipendentemente da un obbligo di legge.
Si tratta, pertanto, di sistema di pagamento decentralizzato, che utilizza una rete di soggetti paritari (peer to peer) non soggetto ad alcuna disciplina regolamentare specifica né ad una Autorità centrale che ne governa la stabilità nella circolazione.
Le criptovalute, inoltre, hanno due ulteriori fondamentali caratteristiche.
In primo luogo, non hanno natura fisica, bensì digitale, essendo create, memorizzate e utilizzate non su supporto fisico bensì su dispositivi elettronici (ad esempio smartphone), nei quali vengono conservate in “portafogli elettronici” (cd. wallet) e sono pertanto liberamente accessibili e trasferibili dal titolare, in possesso delle necessarie credenziali, in qualsiasi momento, senza bisogno dell’intervento di terzi.
In secondo luogo, i bitcoin vengono emessi e funzionano grazie a dei codici crittografici e a dei complessi calcoli algoritmici.
In sostanza, i bitcoin vengono generati grazie alla creazione di algoritmi matematici, tramite un processo di mining (letteralmente “estrazione”) e i soggetti che creano e sviluppano tali algoritmi sono detti miner.
Lo scambio dei predetti codici criptati tra gli utenti (user), operatori sia economici che privati, avviene per mezzo di una applicazione software. Per utilizzare i bitcoin, gli utenti devono entrarne in possesso:
– acquistandoli da altri soggetti in cambio di valuta legale;
– accettandoli come corrispettivo per la vendita di beni o servizi.
Gli user utilizzano le monete virtuali, in alterativa alle valute tradizionali principalmente come mezzo di pagamento per regolare gli scambi di beni e servizi ma anche per fini speculativi attraverso piattaforme on line che consentono lo scambio di bitcoin con altre valute tradizionali sulla base del relativo tasso cambio (ad esempio, è possibile scambiare bitcoin con euro al tasso BTC/EURO).
Con riferimento al trattamento fiscale applicabile alle operazioni relative ai bitcoin e, in generale, alle valute virtuali, non si può prescindere da quanto
affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione europea nella sentenza 22 ottobre 2015, causa C-264/14.
In tale occasione, sebbene agli effetti dell’Iva, la Corte europea ha riconosciuto che le operazioni che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale bitcoin e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra il prezzo di acquisto delle valute e quello di vendita praticato dall’opera – in primo luogo, che l’attività di commercializzazione di bitcoin deve essere qualificata quale prestazione di servizi effettuata a titolo oneroso e, inoltre, – che le prestazioni in esame, pur riguardando operazioni relative a valute non tradizionali (e cioè diverse dalle monete con valore liberatorio in uno o più Paesi), “costituiscono operazioni finanziarie in quanto tali valute siano state accettate dalle parti di una transazione quale mezzo di pagamento alternativo ai mezzi di pagamento legali e non abbiano altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento”.
Sussistendo tali condizioni, le prestazioni di servizi in esame rientrano nella previsione di esenzione di cui all’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva 2006/112/CE. Secondo la Corte, infatti, “risulta …. che un’interpretazione di tale disposizione secondo la quale essa disciplina le operazioni relative alle sole valute tradizionali si risolverebbe nel privarla di parte dei suoi effetti.
Nel procedimento principale, è pacifico che la valuta virtuale «bitcoin» non abbia altre finalità oltre a quella di un mezzo di pagamento e che essa sia accettata a tal fine da alcuni operatori.
Conseguentemente, si deve concludere che l’articolo 135, paragrafo 1, lettera e), della direttiva Iva disciplina anche le prestazioni di servizi come quelle oggetto del procedimento principale, che consistono nel cambio di valuta tradizionale contro unità della valuta virtuale «bitcoin» e viceversa, effettuate a fronte del pagamento di una somma corrispondente al margine costituito dalla differenza tra, da una parte, il prezzo al quale l’operatore interessato acquista le valute e, dall’altra, il prezzo al quale le vende ai suoi clienti”.
Alla luce di tali principi, si deve ritenere, per quanto concerne il caso illustrato con l’istanza di interpello, che l’attività che la Società intende porre in essere, remunerata attraverso commissioni pari alla differenza tra l’importo corrisposto dal cliente che intende acquistare/vendere bitcoin e la migliore quotazione reperita dalla Società sul mercato, debba essere considerata ai fini Iva quale prestazione di servizi esenti ai sensi dell’articolo 10, primo comma, n. 3), del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633.
Coerentemente all’inquadramento giurisprudenziale europeo, ai fini della
tassazione diretta, si ritiene che la Società debba assoggettare ad imposizione i componenti di reddito derivanti dalla attività di intermediazione nell’acquisto e vendita di bitcoin, al netto dei relativi costi inerenti a detta attività.
Nella fattispecie in esame, in particolare, operativamente:
– in caso di ordine di acquistare, il cliente anticipa le risorse finanziarie alla Società che, effettuato l’acquisto di bitcoin, provvede a registrare nel wallet (“borsellino”) del cliente i codici relativi ai bitcoin acquistati;
– in caso di ordine di vendere, la Società preleva dal cliente i bitcoin e gli accredita, successivamente al completamento effettivo della vendita, la somma convenuta.
Il guadagno (o la perdita) di competenza della Società è rappresentato dalla differenza tra quanto anticipato dal cliente e quanto speso dalla Società per l’acquisto o tra quanto incassato dalla Società per la vendita e quanto riversato al cliente.
Tale elemento di reddito – derivante dalla differenza (positiva o negativa) tra prezzi di acquisto sostenuti dall’istante e costi di acquisto a cui si è impegnato il cliente (nel caso in cui quest’ultimo abbia affidato alla Società l’incarico a comprare) o tra prezzi di vendita praticati dall’istante e ricavi di vendita garantiti al cliente (nel caso di affidamento di incarico a vendere) – è ascrivibile ai ricavi (o ai costi) caratteristici di esercizio dell’attività di intermediazione esercitata e, pertanto, contribuiscono quali elementi positivi (o negativi) alla formazione della materia imponibile soggetta ad ordinaria tassazione ai fini Ires (ed Irap).
Con riferimento, ai bitcoin che a fine esercizio sono nella disponibilità (a titolo di proprietà) della Società si ritiene che gli stessi debbano essere valutati secondo il cambio in vigore alla data di chiusura dell’esercizio e tale valutazione assume rilievo ai fini fiscali ai sensi dell’articolo 9 del testo unico delle imposte sui redditi approvato con d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (Tuir). Occorre,  quindi, far riferimento al valore normale, intendendosi per tale il valore corrispondente alla quotazione degli stessi bitcoin al termine dell’esercizio. A tal fine potrebbe ben farsi riferimento alla media delle quotazioni ufficiali rinvenibili sulle piattaforme on line in cui avvengono le compravendite di bitcoin.
Per quanto riguarda, la tassazione ai fini delle imposte sul reddito dei clienti della Società, persone fisiche che detengono i bitcoin al di fuori dell’attività d’impresa, si ricorda che le operazioni a pronti (acquisti e vendite) di valuta non generano redditi imponibili mancando la finalità speculativa.
La Società, pertanto, non è tenuta ad alcun adempimento come sostituto d’imposta. Resta inteso, che l’Amministrazione Finanziaria ha facoltà, in sede di controllo, di acquisire le liste della clientela al fine di porre in essere le opportune verifiche anche a seguito di richieste da parte della Autorità giudiziaria.
Da ultimo, si ritiene che la Società istante, intenzionata ad esercitare professionalmente l’attività di negoziazione a pronti di valuta, sia assimilabile ai soggetti di cui all’articolo 11, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231.
Pertanto, l’istante sarà tenuta agli obblighi di adeguata verifica della clientela, di registrazione nonché di segnalazione ai sensi del medesimo decreto legislativo n. 231 del 2007.
Le Direzioni regionali vigileranno affinché i principi enunciati e le istruzioni fornite con la presente risoluzione vengano puntualmente osservati dalle Direzioni provinciali e dagli Uffici dipendenti.